"Nel Cuore della Chiesa"

 N. 4/2004

            

Editoriale

                          "Quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare?" (Sl.11)

È frequente farsi questa domanda in particolari situazioni della vita personale o familiare o di comunità, come abbandoni, fallimenti, contraddizioni, inconcepibili incoerenze, palesi ingiustizie, incomprensioni profonde e persistenti, influenze malevole, scelte dolorose e inaccettabili dei figli, intromissioni indebite, ecc… E non tanto perché ci si reputa “giusti”, ma il più delle volte perché ci si chiede: “cosa devo scegliere, come devo agire, cosa esigere, consigliare, per non tradire la coscienza, le mie convinzioni, il mio credo, per non fare più male?” La domanda si ripete, ancora più disorientata, quando si alza lo sguardo sulle vicende di questo nostro mondo. I valori più essenziali, proprio le fondamenta della convivenza umana, sembrano sempre più misconosciuti e negati: la famiglia, l’amore fedele, la pietà verso i genitori anziani ed inabili, l’obbedienza dei figli, la religiosità, i diritti di ogni uomo e di ogni popolo, la stessa vita. Con straordinaria attualità ci si trova a ripetere certi versi dei Salmi, testimonianza di un mondo che si ripete e di una parola sempre viva:

Non c’è più un uomo fedele; è scomparsa la fedeltà tra i figli dell’uomo.

Si dicono menzogne l’uno all’altro, labbra bugiarde parlano con cuore doppio.

Emergono i peggiori tra gli uomini (Sl. 12).

Lo stolto pensa: “Dio non esiste”.

Sono corrotti, fanno cose abominevoli: nessuno più agisce bene.

Il Signore dal cielo si china sugli uomini per vedere se esista un saggio: se c’è uno che cerchi Dio (Sl. 14).

Il misero soccombe all’orgoglio dell’empio e cade nelle insidie tramate.

L’empio si vanta delle sue brame (10).

La domanda poi si fa più angosciata quando addirittura sembra che “i malvagi” siano premiati con la loro “prosperità” e con il successo nelle loro imprese, quando sembra che abbiano ragione, quando sembra che le loro scelte siano quelle giuste: Non c’è sofferenza per essi, sano e pasciuto è il loro corpo. Non sono colpiti come gli altri uomini.

Dell’orgoglio si fanno una collana e la violenza è il loro vestito.

Scherniscono e parlano con malizia, minacciano dall’alto con prepotenza (Sl. 73).

E allora il giusto, o chi cerca la giustizia, può sentirsi turbato e tentato:

Per poco non inciampavano i miei piedi, per un nulla vacillavano i miei passi, perché ho invidiato i prepotenti, vedendo la prosperità dei malvagi.

Invano dunque ho conservato puro il mio cuore e ho lavato nell’innocenza le mie mani?

Riflettevo per comprendere: ma fu arduo agli occhi miei.

Quando si agitava il mio cuore e nell’intimo mi tormentavo io ero stolto e non capivo (Sl. 73).

E allora “il giusto che cosa può fare?” La prossima circostanza del 50° anniversario della fondazione della comunità dei Carmelitani Scalzi a Enna, presso il Santuario di S. Giuseppe, ha orientato i contenuti di questo numero della rivista, focalizzati proprio su S. Giuseppe. Egli definito “uomo giusto”, e quindi in grado di fare scelte giuste, pur nel tormento del dubbio, e di assumersi responsabilità delicatissime, è già per se stesso, con la sua personalità e con il modo tutto suo di comportarsi, la risposta a questa domanda. Già secondo i Salmi, che Giuseppe ben conosce e con i quali prega, “il giusto” si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte (Sl. 1). Egli pone tutta la sua fiducia in Dio:

Accogli, Signore, la causa del giusto, sii attento al mio grido (Sl. 17).

Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore: mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza (Sl. 18).

Il giusto confida nel Signore e fa il bene, cerca la gioia nel Signore, manifesta al Signore le sue vie.

Sta in silenzio davanti al Signore e spera in Lui.

Se cade, non rimane a terra, perché il Signore lo tiene per mano.

Il Signore veglia sul cammino del giusto (Sl. 6).

Preghiere e atteggiamenti questi che sono stati sicuramente di Giuseppe. Noi, presentando la storia e la presenza del Carmelo a Enna, vogliamo come indicare in S. Giuseppe, così come ha fatto S. Teresa, un esempio e uno stile, pur senza la pretesa di poter dire tutta la ricchezza della sua “giustizia”. Si vuole affermare così che “quando sono scosse le fondamenta”, come sembra oggi stia accadendo, “il giusto può fare”, e fare molto, se adotta i modi di S. Giuseppe: credente, saggio e fedele, obbediente, operoso e attivo nell’umiltà e nel silenzio.