"Nel Cuore della Chiesa"

 N. 3/2003

                                                          

                                                             Editoriale

                               La condizione per essere Cristiani

 

L'OBBEDIENZA - dal latino oboedire composto di ob, di fronte, e audire "udire" - o sottomissione o docilità è di ogni battezzato ed è la condizione per essere cristiano. Essa è generata dall'amore ed è come lo scrigno che racchiude le altre virtù. In ogni stato di vita si obbedisce volentieri se si ama. L'amore aspira a far contenta la persona amata e si sottomette volentieri al fine di provare il suo amore. 

Occorrerebbe prima imparare ad amare Dio con tutto il cuore, e tendere a Lui con tutto l'essere, per poter poi capire la pratica dell'obbedienza. 

La rinuncia, che a volte l'obbedire comporta, è spesso più gradita a Dio delle opere buone e pure degli atti di culto. Può essere più comodo starsene in preghiera o compiere qualche opera buona, che rinunciare alla propria volontà. Ma è proprio questa rinuncia di sè che ci ha insegnato il Figlio di Dio venendo al mondo: la disobbedienza o ribellione, derivata dall'orgoglio, rompe l'amicizia con Dio, scompiglia, in noi e attorno a noi, l'ordine e l'armonia voluti da Lui; per ricomporre l'unità e l'armonia è stata necessaria l'obbedienza di Cristo, il Figlio primogenito, che ha ridato il primato assoluto a Dio-Padre. Gesù ci ha redento con la sua Passione, mostrandoci così visibilmente che per essere salvati da Lui, fattosi obbediente fino alla morte di croce, è indispensabile abbracciare l'obbedienza che ci rende figli graditi al Padre. 

"Il Signore forse gradisce gli olocausti e i sacrifici come obbedire alla voce del Signore? Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è più del grasso degli arieti" (1 Sam 15,22).

Gesù, con il suo amore, praticato durante tutta la sua vita e consumato sul Golgota, ci ha mostrato che l'obbedienza che dobbiamo a Dio non è tanto quella che la creatura deve al suo Creatore, quanto quella che un figlio deve al padre suo, dal quale si sa molto amato. Tale obbedienza di figlio è sempre ispirata all'amore e ammette il dialogo tra le due parti, per discernere insieme il Piano divino.

Dio è essenzialmente Padre, tenero e premuroso più che madre; pertanto l'obbedirgli ha un aspetto veramente filiale: il figlio obbedisce per amore.

Il Padre non costringe, non impone mai la propria volontà. Egli consiglia, invita, incoraggia, indirizza; perché, amando il figlio, rispetta massimamente la libertà che gli ha dato; richiede solo la sua libera e responsabile adesione alla Parola. "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà" (Lc 22,42). L'uomo Gesù trema davanti al dolore e chiede che sia allontanato da Lui, però si sottomette alla volontà del Padre. "Imparò l'obbedienza dalle cose che patì" (Eb 5,8).

Nessuno più obbediente di Gesù e nessuno più libero di Gesù, che si definiva il servo di Jahve

La figura del Padre avvolge la vita di Gesù. Egli compie tutto sotto il suo sguardo. Invita i discepoli a fare altrettanto, perché così glorifica il Padre e così nasce e cresce l'uomo nuovo. Un essere veramente libero che si relaziona a Dio. L'obbedienza diventa come il supporto della libertà umana, tentata all'interno dagli istinti al male, dalle passioni non educate e anche dalla stessa sofferenza, più o meno acuta, e all'esterno dalle mille seduzioni che il mondo offre. È allora il momento  di guardare Gesù, la via battuta dal Figlio primogenito, per trovare la forza di andare avanti: "Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato" (Gv 6,38). L'unico scopo di tutti i suoi pensieri, i desideri, le opere era di far contento il Padre. Accogliendo la volontà del Padre, Gesù obbediva ai suoi rappresentanti, santi o non santi o pagani. Questa stessa via è stata battuta dai suoi discepoli e dai santi di ogni epoca. 

L'obbedienza - oggi insidiata come molti altri valori - non distrugge la libertà dell'uomo, ma è la virtù che ci indirizza verso Dio, liberandoci da difetti, scorie, attaccamenti alla propria persona. Ripulisce l'essere umano, guastato dal peccato, e lo rende immagine e somiglianza di Dio. 

Essa, pertanto, libera dalla schiavitù del peccato e riconduce l'essere umano alla dignità del figlio di Dio, a quello "stato" di libertà interiore, che deriva dalla partecipazione alla vita trinitaria. 

Sgorgando dall'amore filiale, dall'amicizia con il Padre, essa è la prova concreta del nostro amore di figli. Quanto più rinunciamo alla nostra piccola e illimitata volontà, tanto più entriamo nel grande piano d'amore che il Padre nutre per noi e realizza con il nostro assenso alla sua opera. Il figlio che si conforma alla volontà di Dio, si unisce a lui in comunione d'amore e cambia progressivamente la sua volontà da umana in divina. 

Non c'è alcuno che abbia ricevuto il battesimo e si dica cristiano che non sia tenuto a porre in pratica la virtù dell'obbedienza, che si riallaccia molto da vicino alla virtù teologale della fede. La ragione non può attingere il mistero di Dio; la fede soltanto opera il prodigio di farci partecipare alla conoscenza di Cristo, alla sua vita divina. Essa ci dona Dio presente nella sua assenza, fornendoci uno sguardo ampio, soprannaturale, che sa andare oltre l'essere umano, rappresentante di Dio, che comanda. L'ottica della fede proietta direttamente il nostro sguardo interiore su Dio. L'amore di Dio non si appaga rifugiandosi nell'egoismo, dalle mille sfaccettature, ma obbedendo e accogliendo tutto con amore.

Chi ha una fede robusta giudica con la mente di Cristo, "acquisisce lo stesso pensiero di Dio" (cf I Cor 2,16).

È per amore di Dio che ci si sottomette alla creatura umana - superiori, genitori, educatori -; e tale obbedienza è impegno di ogni credente. Terminiamo queste brevi righe, valide per ogni stato di vita, ascoltando la testimonianza di una consacrata:

"Grazie, Gesù, per la luce che mi dai sulla virtù dell'obbedienza; ho capito poco fa una cosa che mi dà tanta gioia: con l'obbedienza posso offrirmi a Te come vittima. Questo mi dà gioia, perché io sono povera, non ho nulla da offrirti e Tu, mediante l'obbedienza della vita religiosa, mi offri il mezzo di donarmi a Te. Fa', o Gesù, che la capisca bene questa virtù e soprattutto che la viva. Ti dono, o Gesù, la mia volontà che Tu hai voluto libera e Ti costituisco Padrone assoluto di essa. Aiutami a non ritirare il mio dono. Voglio che l'atteggiamento della mia anima sia quello della Madonna all'Annunciazione: Ecce...fiat. Sempre così, Gesù. Non so dirti altro: ti amo, ti ringrazio, mi fido di te".

Carmelitane Scalze di Noto