ASPETTI E SVILUPPI

DELLA GRAZIA IN MARIA SANTISSIMA

SECONDO LA DOTTRINA DI S. GIOVANNI DELLA CROCE

 di P. Gabriele di S. M. Maddalena O.C.D.

 

Comincio con una domanda:

Non è una cosa arbitraria, e quindi temeraria, volersi servire della dottrina di S. Giovanni della Croce per descrivere lo sviluppo della grazia nell'anima di Maria? Non è forse vero che, nelle sue opere, il Dottore mistico rarissimamente parlò in modo esplicito di Maria Santissima, come del resto di qualunque Santo, essendo egli sempre ed unicamente inteso a far conoscere lo stato di unione con Dio ‹ cioè la meta alla quale vuol condurre l'anima ‹ e la via che vi porta effettivamente? Non è un esporsi a cadere nel regno delle pie fantasie il voler ricostruire la vita spirituale della Madonna, che fu una creatura del tutto privilegiata, con i principi di una dottrina che intende illuminare il cammino comune delle anime contemplative?

E sarà questa dottrina applicabile allo studio della vita interiore della Madonna?

Risponderà lo stesso Santo. È vero che egli non parla molto della Madonna: nelle sue opere maggiori possiamo appena citare quattro testi dove la ricorda in modo esplicito[1], ma questi bastano per dimostrare ad evidenza che, secondo il pensiero del Dottore mistico, le dottrine da lui esposte si verificano anche, ed anzi nel modo più pieno e più perfetto, nella vita spirituale di Maria Santissima.

Dirò di più: uno solo di questi testi basterebbe per rendere pienamente legittimo quel che intendiamo fare.

Si sa che tutta la dottrina di S. Giovanni della Croce si aggira intorno allo stato di unione con Dio che costituisce difatti il punto centrale di tutto il suo insegnamento. Ora, egli dichiara esplicitamente che questo stato si è verificato nella Madonna in maniera veramente singolare; dice infatti nel modo più formale che Maria «dalla sua origine fu elevata a questo stato»[2] di unione col Signore.

Il Santo intende quindi evidentemente che la dottrina da lui esposta trova la sua applicazione anche nella vita spirituale della Madonna; tuttavia dobbiamo tener conto che in Lei non si può parlare di una «via all'unione» appunto perché fin da principio era già innalzata a questo alto stato; invece tutto ciò che appartiene alla vita dell'anima giunta all'unione si deve ritrovare in Lei, e certamente nel modo più perfetto.

Essendo quindi l'affermazione della presenza dello stato di unione nell'anima di Maria così importante per poterci permettere di contemplare la sua anima alla luce della dottrina di S. Giovanni della Croce, bisogna prima di tutto esporre come questa affermazione sia ben fondata; ne dedurremo poi le conseguenze.

 

I. MARIA INNALZATA ALLO STATO DI UNIONE

Quando S. Giovanni della Croce propone Maria come modello all'anima che vuol salire alle vette del Monte Carmelo, simbolo dell'unione più intima con Dio, non fa altro che esprimere in modo personale e veramente geniale un'antichissima tradizione della sua famiglia religiosa raccolta in un libro, che sembra risalga al XIII secolo e che ha per titolo: Istituzione dei primi monaci. S. Giovanni l'ha evidentemente conosciuto; esso faceva parte dei preziosi documenti raccolti nel famoso Speculum Ordinis stampato a Venezia nel 1507 e, che, nel 1563, quando il Santo ventunenne entrò nell'Ordine, doveva essere diffuso nei principali conventi. Probabilmente l'avrà trovato a Medina del Campo dove fece il Noviziato e sicuramente a Salamanca dove studiò e frequentò l'Università. In quel libro trovò esposto nel modo più attraente come, non solo il profeta Elia, il grande contemplativo, è il modello della vita carmelitana, ma anche Maria Santissima, che gli antichi carmelitani si compiacevano di chiamare loro «Sorella», appunto perché Ella aveva vissuto nel modo più perfetto quella vita tutta di purezza che essi volevano coltivare quale mezzo più efficace per giungere presto all'unione con Dio.

Nella nuvoletta contemplata dal grande Profeta ‹ la quale, salendo dal mare, ricoprì il Carmelo e si sciolse in abbondante pioggia ‹ l'antico autore vede una prefigurazione di Maria, ed enumerando le diverse proprietà della nuvoletta, vi trova tanti simboli delle prerogative della Madonna: è l'Immacolata, è la prima donna che ha fatto il voto di verginità, è la privilegiata Madre di Dio[3]. Fra le creature ve ne può essere un'altra in cui si mostri meglio come la vita di purezza conduce alla maggiore intimità con Dio?

Giovanni, innamorato fin da bambino della Madonna, deve godere immensamente di poter e dover ormai regolare tutta la sua vita su quella di Colei che gli antichi scrittori dei suo Ordine si compiacciono di chiamare anche «Madre del Carmelo», Mater Carmeli![4]. E' una gioia intima alla quale egli non potrà mai più rinunciare; e quando, coi suo genio, darà all'ideale dell'Ordine la formulazione definitiva proclamando che esso consiste nello stato di unione che, unisce l'anima con Dio nel modo più intimo, si sentirà spontaneamente portato a vedere quest'ideale realizzato in Colei la cui vita sa di dover imitare, e vedrà spontaneamente in Maria il modello dell'anima giunta all'unione con Dio. Difatti scrive: «Da principio Maria fu elevata a questo altissimo stato»!

È questa una intuizione del suo cuore o è il giudizio di un teologo profondo?

Per noi non c'è dubbio: l'amore per Maria ha potuto dargliene il presentimento, ma il suo sguardo penetrante di geniale teologo ha scoperto la luminosissima verità!

Giovanni sa che Maria è l'Immacolata. Però nell'Immacolata Concezione non vede soltanto la preservazione dal peccato originale; ne intuisce anche l'aspetto positivo cioè la presenza della grazia santificante nell'anima di Maria fin dal primo momento della sua esistenza.

«Da principio», dunque, Maria fu elevata allo stato di grazia. Ma non è tutto. La grazia con cui Maria Santissima iniziò quella che potremmo chiamare la sua «carriera spirituale» fu, secondo, l'insegnamento molto comune dei teologi, più grande, più intensa, più perfetta di quella che i più grandi santi raggiungono al termine della loro ascesa. Ora, tutti i Santi raggiungono come ultima meta lo stato di unione. Maria dunque che, fin dal principio, stava nella vita della grazia più in alto dei Santi al termine della loro carriera, doveva, dal primo momento della sua esistenza, godere dello stato di unione. L'affermazione del Dottore mistico è quindi veramente giustificata.

A condizione però che lo stato di unione segni effettivamente la perfezione, la piena maturazione della vita della grazia. Per dare quindi una dimostrazione completa è necessario esporre come lo stato di unione non sia altro che la piena perfezione spirituale.

Ma neppure questo presenta grande difficoltà, perché il Dottore mistico ci ha lasciato una definizione dello stato di unione che dimostra limpidamente come in esso consiste la piena maturità della vita spirituale. Dice infatti: «Lo stato di unione consiste ‹ e quando un teologo usa la parola «consiste» vuole indicare quali sono gli elementi richiesti e sufficienti per realizzare l'oggetto della sua definizione ‹ lo stato di unione consiste nell'essere l'anima, secondo la volontà, del tutto trasformata nella volontà di Dio, di modo che in questa volontà non vi sia più nulla dì contrario alla volontà di Dio, ma che in tutto e per tutto, ciò che la muove sia solamente la volontà di Dio»[5].

Lo stato di unione consiste quindi nella trasformazione della volontà umana nella volontà divina, trasformazione che richiede due condizioni: la prima, previa e negativa: nella volontà umana non vi deve essere più nulla contrario alla volontà divina, nulla, cioè nessun attaccamento che la renda prigioniera della creatura, sicché questa domini in qualche modo nel suo affetto e la spinga ad agire per amore della creatura stessa: tutto ciò deve essere eliminato.

La seconda condizione invece è positiva e costitutiva, ma non si può realizzare se manca la prima, ossia: ciò che muove la volontà umana in tutto e per tutto è solamente la volontà di Dio. Il che vuol dire: non vi è più nessun impulso d'amor proprio, d'amore disordinato alle creature che muove una tale anima; ella riceve il suo impulso ad agire unicamente dalla volontà divina, dal beneplacito divino: è un'anima che vive in balía della volontà divina. Proprio in questo consiste anche la perfezione della carità che è la sostanza della perfezione cristiana: quindi lo stato di unione non è altro, in realtà, che la vera perfezione della vita spirituale.

Il nostro Santo vede con tanta chiarezza questo stato realizzato in Maria nella maniera più perfetta, che gli piace completare la sua affermazione fondamentale esponendo il modo in cui le due condizioni dello stato di unione si sono verificate in Maria: «mai vi fu impressa nell'anima di Lei forma di creatura che la muovesse ad agire (precisamente perché non ebbe mai nessun attacco al creato, ma sempre la sua mozione venne dallo Spirito Santo»[6].

Quest'ultima espressione è particolarmente suggestiva, appunto perché determina quale sia l'impulso che muove l'anima giunta alla trasformazione d'amore dello stato dì unione: "Quest'impulso è, l'impulso divino, cioè la Persona divina dello Spirito Santo che, divenuto pienamente padrone dell'anima, la muove in tutte le sue operazioni. Lo vedremo subito continuando la nostra indagine, che, alla luce della dottrina del Dottore mistico, ci permetterà di penetrare nel segreto della più intima vita spirituale della Madonna.

  

II.  CONSEGUENZE

Infatti, una volta dimostrato che lo stato dì unione si verificò nell'anima di Maria fin dal primo momento della sua esistenza per prendere poi una forma sempre più perfetta ‹ perché nell'anima della Madonna, durante tutta la vita, la grazia fu in continuo aumento ‹ e anzi, che fin d'al principio, questo stato di unione fu in Lei più perfetto che nei più grandi Santi al termine della loro vita, diventa del tutto legittimo attribuire esplicitamente alla Madonna tutte le proprietà e prerogative dell'anima giunta a questo sublime stato e che S. Giovanni della Croce ha indagato e messo in luce con insuperabile maestria.

Basandoci su queste preziose informazioni potremo spingere lo sguardo nell'intimo santuario della vita interiore di Maria e contemplare l'abituale stato del suo animo ‹ le sue continue ascensioni in Dio nella preghiera ‹, la sua più delicata adesione ai voleri divini nell'azione e nel compimento della sua missione: aspetti tutti di una vita che nello stesso tempo si rivela particolarmente feconda per la Chiesa. Vedremo infine come tutte queste ricchezze spirituali continuarono a crescere in Lei fino alla sua beata morte.

 

Stato d'animo abituale

Dicevamo, col Dottore mistico che, vivendo nello stato di unione, l'anima di Maria si trovava in tutto il suo agire sotto l'impulso dello Spirito Santo. È la caratteristica dello stato di unione sulla quale il Santo ha maggiormente insistito e che sembra anche essere la radice di altre due prerogative in cui si riverbera l'alta qualità spirituale dello stato di unione: la piena pacificazione e serenità dell'anima e la magnifica armonizzazione di tutte le sue facoltà impiegate contemporaneamente nel solo esercizio dell'amore.

Nello stato di unione ‹ ama ripetere S. Giovanni ‹ l'anima vive una vita divina fino al punto da «sembrare più Dio che anima» e questo precisamente perché tutta la sua attività appare divinizzata. «Oh dichosa ventura!» O beata sorte! canta l'anima che, uscendo dal tenebroso cammino dell'oscura notte di purificazione, giunge finalmente allo stato di unione in cui «passò dalla conversazione e operazione umana all'operazione e conversazione divina». Cioè: il mio intelletto uscì da sé cambiandosi, da umano e naturale, in divino, perché... unendosi con Dio, già non intende più per proprio vigore e lume naturale, ma per la divina sapienza con cui si unì. E la mia volontà uscì da sé, diventando divina, perché, unita col di-vino amore, non ama più bassamente con la sua forza naturale, ma con la forza e la purezza dello Spirito Santo e così la volontà intorno a Dio non opera più umanamente E infine tutte le forze e gli affetti dell'anima si rinnovano con diletti di tempra divina»[7].

«L'anima, come vera figlia di Dio, è mossa in tutto dallo spirito di Dio, come insegna S. Paolo quando dice che coloro che sono mossi dallo Spirito di  Dio sono figli di Dio stesso»[8].

Lo Spirito Santo che dimorava nella santissima Anima di Cristo «come nel suo tempio preferito» - per usare la bella espressione dell'enciclica «Mystici Corporis» ‹ e la teneva tutta sotto il suo influsso, così dimora anche nel. l'anima giunta all'unione trasformante. È diventato anzi il suo vero principio di azione che la muove in tutto; è diventato come l'anima dell'anima stessa.

Anche l'anima di Maria, così ricca di grazia, così arresa ai voleri divini, doveva essere per lo Spirito Santo un luogo di singolare compiacimento in cui Egli regnava totalmente e Che inondava di pace e di armonia. Il senso cristiano ricusa di vedere nell'anima della Madonna qualsiasi specie di turbamento umano: abbiamo bisogno di vederla tutta serena, tutta composta, anche spiritualmente, dolce ed amabile, tranquilla e sicura; e tale è l'anima giunta allo stato di unione appunto perché sotto la mozione pacificante dello Spirito Santo, che prende il comando di tutto il suo agire, ogni movimento non pienamente ordinato scompare.

In ispecie le emozioni della sensibilità, di cui l'uomo non si rende mai del tutto padrone, si quietano perfettamente appena lo Spirito Santo governa appieno l'anima: «in tale stato ‹ spiega il Santo ‹ il Signore dà alla sua sposa abbondanza di beni e forza e soddisfazione con le dolci lire della sua soavità affinché dette affezioni, non solo non regnino in lei, ma neppure possano recarle il minimo dispiace re»[9]. Sembra che con questa pacificazione delle emozioni sensibili debba sparire per l'anima una grande causa di sofferenza. Il Santo aggiunge però in proposito: « Tuttavia alcune volte e in date occasioni Dio dispensa l'anima su questo punto, affinché meriti di più e s'infervori nell'amore... come fece con la Vergine Madre». E' una nuova attestazione della presenza dello stato di unione nell'anima di Maria, ma è insieme l'affermazione di una « eccezione » che si verificò in Lei riguardo ad una prerogativa- di questo stato e sulla quale dovremo fermarci più avanti: per compiere la sua missione, era necessario che la Madonna potesse soffrire.

Però, sotto la continua mozione divinizzante che si estendeva a tutte le potenze, Maria provava nel suo interno una mirabile armonia delle sue facoltà tutte impiegate nell'esercizio dell'amore divino.

«È l'anima impiegata con tutto il capitale al suo servizio ché Solo nell'amare è il mio esercizio!»[10]  canta l'anima giunta all'unione e nessuno può cantarlo meglio della Madonna.

E il Santo commenta: «Ogni facoltà dell'anima e del corpo, la memoria, l'intelletto e la volontà, i sensi esterni ed interni, gli appetiti della parte sensitiva e spirituale, tutto insomma, si muove per amore e, in amore: nell'operare faccio ogni cosa con amore e nel patire soffro tutto con gusto di amore Felice vita, felice stato, e fortunata l'anima che vi giunge!»[11].

Oh, sì, Maria: felice ti diranno tutte le generazioni perché sei Madre di Dio, ma anche perché sei madre del bell'amore, che regna splendidamente nel tuo cuore e lo trasforma in luogo di delizie per Iddio! Perciò il tuo cuore ha attirato il Verbo divino che ha voluto nascere da te!

 

Ascensioni in Dio nella preghiera

Ma se lo Spirito Santo celebra nell'anima dì cui sì è totalmente impadronito le feste d'amore splendidamente descritte da S. Giovanni della Croce nella 1ª strofa della Fiamma d'amor viva, quali non saranno quelle che dovette celebrare di continuo nelle ascensioni mistiche del cuore della sua Sposa prediletta?

«L'anima, dice S. Giovanni, posta in tale stato di trasformazione di amore è abitualmente come il legno investito dal fuoco; i suoi atti poi sono come la fiamma che nasce dal fuoco dell'amore, la quale con tanta più veemenza ne esce, quanto più intenso è il fuoco dell'unione: fiamma in cui si uniscono e si innalzano gli atti della volontà rapita e assorta nella fiamma dello Spirito Santo, simile all'angelo che salì a Dio nella fiamma del sacrificio di Mapue»[12].

Quando l'anima di Maria, così profondamente unita e trasformata nell'amore, si raccoglieva nella preghiera in cui il suo spirito sempre con nuovo slancio si innalzava al Signore, il suo atto di amore veniva dallo Spirito Santo come rapito ed assorbito in quella corrente di amore che è Egli stesso, ed allora si verificava in Lei, nel modo più pieno, ciò che S. Giovanni della Croce amava ripetere dell'anima trasformata nei momenti più alti della sua contemplazione: «l'anima ama Dio con la volontà di Dio la quale è anche volontà sua, e così lo amerà quanto è amata da Dio, poiché lo ama con la volontà dello stesso Dio e con lo stesso amore col quale Egli l'ama, che è lo Spirito Santo il quale è dato all'anima»[13].

Così la Madonna nella sua preghiera contemplativa arrivava veramente a dare a Dio il «contraccambio» nell'amore[14], giungendo in tal modo alla vera gioia nell'amore «perché l'amante non può essere soddisfatto se non sente di amare quanto è amato»[15]. L'amore mistico però, con l'esperienza che esso comunica, è rivelatore delle grandezze divine; intuiamo così quanto profondo doveva essere in Maria quel senso contemplativo di Dio, caratteristico delle anime mistiche.

In queste sublimi elevazioni Maria doveva anche sentirsi partecipe della vita trinitaria sperimentando, nella corrente di vita divina che allora la invadeva, una duplice processione di luce e di amore in cui si riflettono le due processioni delle Divine Persone[16]. E' vero che tale coscienza della partecipazione alla vita trinitaria suppone nell'anima la conoscenza dogmatica dell'altissimo mistero, ma nessuno può dubitare che Maria, almeno dal momento dell'annunciazione, abbia avuto una distinta rivelazione del mistero trinitario. L'angelo Gabriele stesso, inviatole dal Padre celeste, le parlò dello Spirito Santo e di Colui che doveva nascere da Lei e che sarebbe stato chiamato il Figlio di Dio.

Quale intimità con Dio suppone tutto questo!

E quanto potente, dunque, sarà sul Cuore di Dio una creatura a Lui così cara quando ella gli porgerà le sue suppliche! S. Giovanni della Croce, sempre seguendo il solco della trasformazione di amore, si è spinto dentro il mistero della potenza di intercessione di Maria, mettendone in luce ad un tempo e l'estrema delicatezza di fronte ai voleri divini e la pratica indefettibilità: «Chi ama con discrezione, dice egli, non si cura dì chiedere ciò che gli manca e desidera, ma palesa solamente il suo bisogno affinché l'amato da parte sua disponga a suo piacimento. Così fece la Vergine benedetta nelle nozze di Cana in Galilea ove, rivolgendosi al suo amato Figlio, non gli chiese direttamente il vino, ma gli disse: Non hanno più vino»[17]. Così S. Giovanni della Croce. Sappiamo tuttavia che tale domanda bastò per muovere Gesù ad operare il suo primo miracolo, anche «se l'ora sua non era ancora venuta»[18]. Quanta fiducia c'infonde tutto questo nell'intercessione della Madonna! Il Dottore mistico ne trova del resto la ragione profonda nel fatto che le opere ed anche le preghiere di un'anima giunta alla trasformazione d'amore procedono dalla mozione dello Spirito Santo ed entrano così anch'esse nel piano delle elargizioni divine che Egli, nella sua misericordia, si degna di concederci: «Dio solo muove le potenze di quest'anima ‹ dice il Santo ‹ a queste opere che sono conformi alla volontà e alle disposizioni divine, cosicché non ci possono portare ad altro; e così le opere e le preghiere di queste anime conseguono sempre l'effetto. Tali erano quelle della gloriosissima Vergine Nostra Signora»[19]. Ne concluderemo: felice quella persona per cui prega un'anima giunta all'unione di trasformazione, un'anima santa! Felicissima poi sarà quella per cui prega la Madonna!

 

Abbandono a Dio nell'azione

L'assorbimento della volontà umana nella volontà divina, caratteristica fondamentale dello stato di unione, non si limita ai momenti della preghiera e della contemplazione, ma si estende all'intera vita dell'anima appunto perché, come dice S. Giovanni della Croce, «delle due volontà se ne è fatta una sola, la quale è la volontà di Dio, e questa volontà di Dio è anche volontà dell'anima»[20].

Sarebbe difficile esprimere più vigorosamente l'intero dominio esercitato dalla volontà divina nella volontà umana di un'anima giunta all'unione la quale allora vive effettivamente e del tutto «in balía della volontà divina». E se questo si verificherà anche nelle azioni più ordinarie della vita, si intende che non potrà mancare davvero nel compimento della missione che Dio ha affidata ad un'anima..

Che la Madonna, nelle sue azioni più ordinarie, nelle sue occupazioni quotidiane, nei suoi lavori domestici sia stata in continua corrispondenza col divino beneplacito, anche quando le circostanze non le erano facili e piacevoli, anche nelle contrarietà e contrattempi piccoli o grandi, che non mancano in nessuna vita umana e che furono eccezionalmente gravi e penosi in quella di Maria, nessuno ne può dubitare; e già qui, ammiriamo in Lei il perfetto modello dell'anima che concretamente vuol vivere «in balía della volontà divina». È tuttavia particolarmente istruttivo l'atteggiamento che le vediamo prendere dinanzi all'invito divino alla più completa associazione al mistero dell'Incarnazione redentiva, invito che, sebbene in grado assai minore, si rinnova per tutte le anime che Dio chiama all'apostolato.

Sì è domandato talvolta come Dio abbia potuto far dipendere l'Incarnazione del Figlio suo dal consenso della Madonna: e se avesse detto di no?... Ma una tale «ipotesi» appare assurda se ricordiamo che Maria « da principio era innalzata all'elevato stato di unione» in cui l'anima vive in balía della volontà di Dio. Come può Ella, che si è perduta nella volontà divina, rifiutarsi a ciò che tale volontà le chiede? Ed effettivamente sentiamo la sua pronta risposta appena l'angelo le fa comprendere ciò che il Signore aspetta da Lei: «Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum!». E' la risposta di un'anima completamente abbandonata alla volontà divina, risposta che costituiva Maria Madre di Dio e Madre nostra. Con la più intera adesione e col più intenso e più puro amore Maria accetta ed abbraccia l'invito divino e continuerà ad aderirvi giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto, allorché il piano divino, effettuandosi in concreto, la metterà di fronte al dolore fino a quando la condurrà sul Calvario ai piedi della Croce, dove offrirà al Padre lo stesso sacrificio offerto dal Redentore: quello di Gesù che era insieme il più profondo olocausto di se stessa, poiché era il sacrificio di Colui in cui era affettivamente tutta concentrata. Dio che le aveva dato il suo Figlio divino, glielo richiede, ed Ella glie lo offre con tutto l'affetto del suo cuore, con la più intera adesione alla volontà divina, con amore puro.

Proprio così Maria è giunta alle più sublimi vette della cooperazione alla redenzione dell'umanità, alle più elevate cime dell'apostolato: cioè con la sua immolazione animata da quell'amore puro di cui S Giovanni della Croce ha potuto affermare: «è più prezioso al cospetto di (Dio)  un pochino dì questo puro amore ed apporta maggiore utilità alla Chiesa che non tutte (le)  altre opere unite insieme»[21].

Oh, se potessero intenderlo bene tutti coloro che, oggi, presi dall'urgenza delle opere di apostolato, vorrebbero attrarre tutte le anime generose nel campo dell'attività esterna, anche a danno della vita contemplativa pura! 

Colei che è la «Regina degli apostoli » visse unicamente l'apostolato dell'amore tutto nutrito di preghiera e d'immolazione; eppure nessun'altra creatura umana ha avuto mai un apostolato più fecondo.

Maria sia nella Chiesa la protettrice della vita contemplativa pura!

 

Sviluppo della grazia di unione

Finora abbiamo descritto i vari aspetti dello stato di unione nell'anima di Maria; bisogna però che ci fermiamo pure un momento sullo sviluppo di questa grazia in Lei. S. Giovanni della Croce insegna che anche nello stato di unione il progresso è possibile[22]; anzi sembra che il progresso continuo nella grazia e nell'amore sia più che mai assicurato per un'anima giunta alla trasformazione d'amore, appunto perché essa sta sotto la mozione abituale dello Spirito Santo, la quale la spinge ad atti sempre più fervorosi.

Ora, noi sappiamo che quando un'anima fa le sue opere buone «con tutto il cuore», il merito che così acquista e, che consiste sempre in un aumento di grazia e di carità viene immediatamente concesso all'anima; ed allora la sua vita spirituale cresce subito in intensità; mentre quando queste stesse opere buone vengono compiute senza generosità, con un po' di grettezza, o  sono sminuite da seconde intenzioni umane, il merito, già di per sé molto minore, viene messo in riserva e non viene dato all'anima se non nel giorno in cui entrerà nell'eternità. In questo caso il suo stato spirituale rimane stazionario, anzi in pericolo di regresso[23].

Applicando questi principi a Maria Santissima, intenderemo che Ella, mossa di continuo dallo Spirito Santo con i più potenti stimoli dell'amore puro, ha dovuto, in tutte le sue operazioni crescere di continuo nella carità, e proprio in modo che gli aumenti dì carità da Lei meritati venivano immediatamente concessi all'anima sua, cosicché il suo capitale di amore soprannaturale e di grazia cresceva immensamente di giorno in giorno. Le ricchezze dello stato di unione sono quindi andate aumentando in Lei sempre più.

   Sapendo tuttavia che per la creatura umana che vuol darsi totalmente a Dio l'immolazione a cui viene invitata dalle circostanze della vita è un incitamento fra i più efficaci per l'intensificazione dell'amore, dovremo credere che l'introduzione progressiva di Maria nella via di dolore, che doveva condurla sul Calvario, fu accompagnata da un meraviglioso sviluppo di tutte le prerogative di cui abbiamo parlato.

Viene così pienamente giustificata quella specie di eccezione segnalata da S. Giovanni della Croce e che abbiamo già ricordato ‹ ad una delle condizioni normali dello stato di unione, cioè che «di per sé» l'anima in tale stato non dovrebbe più soffrire da parte delle emozioni della sua sensibilità. Il Santo nota infatti in proposito che «in date occasioni Dio dispensa l'anima su questo punto, facendole sentire alcune cose e patire in esse affinché meriti di più e s'infervori nell'amore come fece con la Vergine Madre»[24]. Certa mente il Signore permise che Maria soffrisse «affinché meritasse di più e s'infervorasse ancora nell'amore». Quale esempio confortante per noi! Da Lei impariamo il valore del dolore, che deve essere fonte di sempre più grande santità e fecondità. Ma ogni sviluppo giunge infine al suo termine ed il termine qui è la morte che segna per l'anima, pervenuta allo stato di unione, l'immediato trasferimento nella vita beata senza passare per il purgatorio. Studiando lo stato dell'anima in questo termine della vita spirituale S. Giovanni della Croce insiste sul suo desiderio di giungere lassù dove ella intuisce che l'aspetta una vita di amore più perfetta ancora, non più intralciata dal peso di un corpo non glorificato, non spiritualizzato. Questo desiderio, dice il Santo, è tutto abbandonato al divino beneplacito, ma non lascia però di accendersi tutte le volte che un più forte impulso dello Spirito Santo rapisce l'anima nella sua corrente amorosa e la porta in Dio con una forza irresistibile ed allora ella grida allo stesso Spirito Santo:

«Rompi la tela a questo dolce incontro! » Parla della tela della vita terrena, l'unica tela che sussiste ancora in tale anima e che impedisce l'immediatezza degli incontri sublimi con Dio sulla terra, perché le altre tele, quelle cioè delle imperfezioni umane, come spiega S. Giovanni, sono distrutte da tempo mediante le purificazioni spirituali[25]. In Maria queste altre tele non esistettero mai e si può dire perciò che in Lei dovette essere sempre viva l'aspirazione all'unione immediata con Dio nella visione beatifica, sebbene sempre temperata dall'abbandono al divino beneplacito. Si intende però che anche in Lei, quando giunse finalmente l'ora del Signore, l'anima venne tolta dal corpo dalla forza dell'amore, cioè «da qualche impeto o incontro amoroso molto più sublime dei precedenti e sì potente da squarciare la tela e portarsi via quel prezioso gioiello dell'anima»[26]. E il Santo continua: «Ben a ragione David disse che è preziosa al cospetto del Signore la morte dei Santi suoi; perché in essa si adunano tutte le ricchezze dell'anima ed entrano nel mare i fiumi del suo amore i quali sono ivi tanto gonfi e vasti che già sembrano mari. Là si uniscono i primi e gli ultimi tesori dell'anima giusta, per accompagnarla al momento che va e parte per il suo regno, mentre sin dagli estremi confini della terra echeggiano le lodi a gloria del giusto!»[27]. Non sembra forse che questa poderosa descrizione si possa applicare ottimamente all'anima di Maria Santissima al momento del suo beato transito, coronato dalla gloriosa Assunzione al cielo?

 

*   *   *

 

Ma non solo in un senso puramente spirituale le glorie di Maria echeggiano nel mondo. Nei giorni della recente glorificazione della Madre di Dio una marea crescente di esultanza ha inondato i cuori cristiani e, festosa, è dilagata con impeto irresistibile fino agli estremi confini della terra, quando nel pronao della Basilica vaticana il Vicario di Cristo ha pronunciato le fatidiche, infallibili parole che permettono al nostro sguardo di fede di fissarsi con la più assoluta certezza nella gloria trionfante dell'Assunta, in cui abbiamo riposto le nostre speranze. Il nostro cuore ha esclamato: « Signum magnum apparuit in coelo; Mulier amicta sole». Sì, Maria ci è apparsa ammantata col sole della risurrezione gloriosa, col corpo trasfigurato dai raggi della luce divina che l'inonda, vicino a Cristo, dinanzi al trono del Padre celeste, in atteggiamento di intercessione per noi.

O Tu, Madre del bell'amore, ineffabile conforto dei nostri cuori, illumina col raggio del tuo splendore il nostro cammino terreno, proteggici, santificaci, e guida !e anime nostre a questo stato di unione che contempliamo in Te coronato dai più irradianti fulgori.

 

Fr. GABRIELE DI S. MARIA MADDALENA, O.C.D.

 

[1] Citiamo: Salita, L. III, c. 2, n. 10; Cantico, str. 2, n. 8, str. 20, n.

10; Fiamma, III, n. 12.

[2] Salita, L. III, c. 2, n. 10.

[3] Cfr.. Institutio prirnorum monachorum, Lib. VI, cap. l.

[4] Cfr.. il nostro opuscolo Mater Carmeli, la vie mariale Carmélitaine, Roma, 1931.

[5] Salita, L. I, c. 11. n. 2.

[6] Salita, L. III, c. 2, n. 10.

[7] Notte, L. II, c. 4, n. 2.

[8] Fiamma B, II, n. 34.

[9] Cantico, str. 20, n. 10.

[10] Cantico, Poesia, str. 28.

[11] Cantico, str. 28, nn. 8 e 10.

[12] Fiamma B, I, n. 4.

[13] Cantico A, str. 37, n. 2.

[14] Cantico B, str. 38, n, 2.

[15] Ivi, n. 3.

[16] «L'anima giunta allo stato di matrimonio spirituale sente di continuo dentro di sé, nei fondo più intimo, un abbraccio divino che la tiene avvinta e mediante il quale le si comunica la mozione divina che la dirige. In certi momenti, facendosi quest'abbraccio sentire maggiormente e dandole così una più intensa fruizione di Dio, ne risulta anche nell'intelligenza una nuova illuminazione delle grandezze divine dalla quale deriva poi un nuovo impulso d'amore che trascina l'anima in Dio. L'anima sente quindi effettivamente dentro di sé una duplice processione: cioè di luce e d'amore, che trova origine nell'abbraccio divino che si è fatto sentire più Potente. Spontaneamente l'anima attribuisce l'abbraccio al Padre, l'illuminazione al Verbo, l'infiammazione d'amore allo Spirito Santo, vedendo in questa grazia la pieni realizzazione della promessa fatta da Cristo «che se alcuno lo amasse, la Santissima Trinità verrebbe a lui a farvi stabile dimora: ossia illustrandone divinamente l'intelletto nella sapienza dei Figlio, dilettandone la volontà nello Spirito Santo e assorbendolo il Padre possentemente e fortemente nell'abbraccio abissale della sua dolcezza» (Fiamma, 1, n. 15).

[17] Cantico, str. 2, n. 8.

[18] Gv 2, 4.

[19] Salita, L. III, c. 2, n. 10.

[20] Salita, L. I, c. II, n. 3.

[21] Cantico, str. 29, n. 2.

[22] Il Santo scrive infatti nel Proemio della Fiamma: «Sebbene nelle strofe spiegate più sopra (si tratta del Cantico spirituale) abbiamo parlato del più  eminente grado di perfezione a cui si possa arrivare quaggiù, e che consiste nella trasformazione in Dio, tuttavia le strofe presenti trattano dell'amore ancor più perfetto e qualificato che si può avere in quello stato di trasformazione. In verità ciò che le une e le altre dicono, tutto appartiene ad un medesimo stato di trasformazione che, in quanto tale, non si può oltrepassare, ma che col tempo e l'esercizio può benissimo qualificarsi, ripeto, e sostanziarsi sempre più nell'amore; alla stessa guisa che, quantunque il fuoco penetrato nel legno, lo abbia unito e trasformato in sé, nondimeno quanto più si accende e seguita ad agire sul legno, tanto più lo rende incandescente, sino a tal segno da mandare scintille e fiamme» (n. 3).

[23] È da notarsi che gli atti virtuosi soprannaturali fatti con grettezza e senza mettervi tutto l'amore di cui siamo capaci ‹ atti che in teologia si chiamano «actus remissi» ‹ non solo non procurano un immediato aumento d'amore, ma, quando sono tali avvertitamente e deliberatamente, possono diventare per l'anima un pericolo di regresso appunto perché permettono che nell'anima si rassodino gli impedimenti che ostacolano la virtù superiore ed eroica, non essendo essi controbattuti dal fervore e dallo sforzo.

[24] Cantico, str. 20, n. 10.

[25] Nella Fiamma (str. I, n. 29) Il Santo ha spiegato come vi siano tre tele che ostacolano la perfetta unione dell'anima con Dio: «Le tele che si devono rompere perché detta unione avvenga e l'anima possieda Dio perfettamente, possiamo dire che sono tre: la tela temporale, sotto il qual nome sono comprese tutte le creature; quella naturale, in cui si comprendono le operazioni e le inclinazioni puramente naturali; la terza poi è la tela sensitiva, che significa l'unione dell'anima con il corpo, cioè la vita sensitiva e animale, di cui S. Paolo dice: Sappiamo che quando verrà a disfarsi la casa terrestre di questo nostro tabernacolo, avremo da Dio una eterna abitazione nei cieli (2 Cor 5, 1). Per arrivare al Possesso dell'unione divina, è necessario che siano rotte le prime due tele, con la rinunzia di tutte le cose del mondo e con la mortificazione di tutti gli appetiti ed affetti naturali, in modo che le operazioni dell'anima da naturali diventino divine».

[26] Fiamma, str. 1, n. 30.

[27] Ivi.